lunedì 8 dicembre 2014

Le voci mute, di Fiorella Borin



Le voci mute
Nove storie veneziane
di Fiorella Borin
Copertina di Vincenzo Bosica
Edizioni Solfanelli
Narrativa racconti
Collana Pandora
Pagg. 184
ISBN 9788874979793
Prezzo € 14,00


Dare voce a chi non l’ha

Leggo la narrativa di Fiorella Borin da un po’ di tempo e ogni volta noto un progressivo costante miglioramento, una maggiore accuratezza nel ricreare l’ambiente e nel sondare i personaggi, così che pubblicazione dopo pubblicazione la scrittrice veneziana ha ormai raggiunto un particolare ed elevato livello di eccellenza. Per lei il romanzo e il racconto storico non devono essere fini a se stessi, ma nel rappresentare un’epoca è necessario che i valori e i difetti abbiano una portata più universale, quasi a testimoniare che l’evoluzione della specie è stata più un fatto tecnologico che una reale e radicata maturazione. Quindi, quando si dice che la storia si ripete, non si sbaglia, perché l’essere umano, nei suoi comportamenti, è rimasto sostanzialmente invariato e l’ingiustizia e la disuguaglianza c’erano un tempo come ci sono anche oggi.
In questa nuova raccolta di racconti (nove per la precisione) intitolata Le Voci Mute, tutte storie ambientate a Venezia nel XVI secolo, l’autrice dà voce a chi non l’ha, a sconosciuti personaggi della vita di ogni giorno che, senza che lo sappiano, anche loro fanno la storia, che non è solo il frutto delle decisioni e delle azioni dei potenti, ma anche di tutti gli uomini, in particolare gli umili, i diseredati, coloro che urlano muti il loro dolore di vivere.
Sono trame convincenti, con protagonisti dipinti con precisione, grazie anche a un’analisi psicologica attenta, che non resta in superficie, ma va a fondo, e così, pur se frutto di creatività, assumono la parvenza di personaggi reali, che si muovono sul palcoscenico di una Serenissima ricostruita fedelmente (e al riguardo opportuna è stata la scelta di riportare in calce la bibliografia utilizzata), attori che prendono vita dalla penna della narratrice e che li vedono impegnati nelle più svariate vicende. Così è infatti per La strazzona, una figura femminile che non si dimentica facilmente; percorso da una venatura gialla risalta Miserere; il vecchio Gerolamo, poi, è di una simpatia unica e questo carceriere umano lo si trova in Mir i dobro e in La sciarpa azzurra, due brani diversi, ma che sono di notevole interesse, anche per sapere come veniva amministrata la giustizia all’epoca; un tocco di grazia rende splendente Persona per hora secreta, un dramma che tocca un potente e una del popolo, ma a pagarne le conseguenze è sempre chi non ha potere; in La rabbia dei poveri  l’attenzione per questi di Fiorella Borin si traduce in un desiderio di giustizia di fronte al quale non si può certo restare insensibili  e che alla luce anche di recenti sentenze ci fa chiaramente capire che nulla è cambiato e che il potente non solo ha sempre ragione, ma può fare ciò che vuole, a meno che i sudditi non trovino nella loro unione la forza per ribellarsi; il tema della donna oggetto, in tutto sottomessa agli uomini, è quello di Ludovica de gatti; la vendetta, servita su un piatto freddo, domina in La congiura degli Olderichi, in una narrazione che sapientemente accompagna a un fatto tragico anche una vena di comicità che evita che la tensione arrivi al parossismo; infine  un ragazzo che sogna ad occhi aperti, che si crede furbo al punto dal voler diventare un ciarlatano, nonostante l’ingenuità che lo caratterizza, con una vita che condurrà come in un sogno che morirà all’alba, è il protagonista dell’ultimo racconto, appunto Il ciarlatano, una vicenda che, se talora può provocare un sorriso, tanto è il candore del personaggio principale, si chiude poi con una nota malinconica, un velo di tristezza per queste voci che ritornano definitivamente mute.
Da leggere, perché lo merita.   




Fiorella Borin, nata a Venezia nel 1955, laureata in psicologia, si è dedicata per qualche anno all’insegnamento di scienze umane e storia negli istituti superiori. Ha collaborato con l’Università di Padova come cultrice della materia; in seguito ha maturato qualche esperienza in seno a piccole case editrici e nelle redazioni di riviste letterarie e di noti settimanali femminili. Da una ventina d’anni si dedica con passione allo studio della storia di Venezia, prediligendo il XVI secolo quale cornice per racconti e romanzi, alcuni dei quali già premiati e pubblicati. Più di trecento suoi piccoli lavori di narrativa, poesia e saggistica sono presenti in antologie, quotidiani e riviste; il racconto “La tela di Penelope”, vincitore del concorso letterario bandito dal mensile “Vera”, è stato pubblicato sul numero di settembre 1995 con il commento dello scrittore Alberto Bevilacqua, presidente della Giuria.
     Grazie ai buoni risultati conseguiti in concorsi letterari che prevedevano la pubblicazione in volume singolo delle opere vincitrici senza contributo da parte dell’autore, ha pubblicato il romanzo breve Le putine del Canal Gorzone (Montedit, Milano 2002), la raccolta di racconti La Signora del Tempio Nascosto (Alberto Perdisa, Bologna 2003), il racconto storico-fantastico Il bosco dell’unicorno(Tabula fati, Chieti 2004), e i brevi romanzi storici Il pittore merdazzèr (Tabula fati, Chieti 2007), Lo scrivano (Montedit, Milano 2007) e Christe eleison (Tabula fati, Chieti 2011) ambientati nella Venezia del Cinquecento. I tre lunghiraccontiMir i dobro (Montedit, Milano 2005), La sciarpa azzurra (Era Nuova, Perugia 2005), La congiura degli Olderichi (EdizioniCofine, Roma 2007) sono confluiti inLe voci mute (Solfanelli, Chieti 2014). La strega e il robivecchi (Tabula fati, Chieti 2010) e La firma del diavolo (Tabula fati, Chieti 2010) sono invece ispirati ai processi per stregoneria istruiti a Triora nel 1588. Con le EdizioniSolfanelli ha pubblicato i romanzi Il pellegrino spagnolo (2012) (Premio Thesaurus 2013 e Premio Locanda del Doge 2013) e Le voci mute (2014).
     Ha conseguito un centinaio di primi premi in concorsi letterari nazionali e internazionali, tra cui il Lions Milano Duomo 1993, il Cesare Pavese 1994, il Giorgio La Pira 1995, il Manara Valgimigli 1996, Storie di Donne 1997, l’Antonelli-Castilenti 1998, il Quattro Porte 1999, il Città di Pescara 2000, Voci di Donne, Ma adesso io e Il Prione nel 2001, Dimensione Donna, Idea Donna e Cuore di tenebra nel 2002, Arcangela Todaro-Faranda nel 2003, Filippo Ivaldi, Anna Osti e Orfici-Campana nel 2004, Iannucci-Mazzoleni e La terra dei racconti nel 2005, Filippo Ivaldi, Città di Vico del Gargano nel 2007 e Una piazza un racconto nel 2007 e nel 2011. Nel 2006 ha vinto il Premio Internazionale Fiur’lini per la narrativa, con premiazione a L’Aia (Olanda).

Recensione di Renzo Montagnoli 




3 commenti:

  1. Me lo segno, perchè con una recensione così non potrà che piacermi.

    Agnese Addari

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    1. Grazie, Agnese! E grazie di cuore a Renzo per le sue parole così generose e lusinghiere.
      Fiorella Borin

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  2. Ogni tua recensione, Renzo, è una gradita possibilità per nuove conoscenze, finestre che si aprono su autori incontrati talvolta ma superficialmente, e che vanno invece approfonditi perché bravi e di spessore.
    Un'autrice veneziana che racconta così bene la propria città, scegliendo di ambientare le proprie storie in un periodo lontano e complesso. Un impegno che richiede sia studio che grande passione, caratteristiche che emergono dalla tua bella recensione. Grazie.
    Piera

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