lunedì 18 aprile 2016

Il mio nome è Asher Lev, di Chaim Potok



Il mio nome è Asher Lev – Chaim Potok -  Garzanti – Pagg. 317 – ISBN9788811632153 -  € 13,00


I sentieri della vena narrativa di Potok sono caratterizzati da costanti che rendono ogni suo scritto al contempo familiare e originale. Le ambientazioni, le tematiche, gli stessi personaggi sono riconducibili alla rappresentazione della comunità ebrea di New York pur assumendo valore assoluto e universale così da rendere il contenuto e il messaggio validi in ogni quando e in ogni dove.  Sempre e ovunque.
I personaggi sono in primo luogo  membri di una comunità allargata e religiosa e insieme di una famiglia: accade ovunque dalla notte dei tempi; vivono intime fratture rapportandosi con se stessi e con gli altri: quando è accaduto il contrario? Entrano in conflitto con la cultura che li ha generati: evolvono, involvono, patiscono, soffrono, in una parola vivono.
Asher  Lev , pittore ebreo  ormai affermato, osannato, criticato e  ripudiato non sfugge al dolore del mondo e ce lo racconta prendendo parola e affermando il suo punto di vista nel tentativo di smitizzare la sua persona, semplicemente offrendosi nella sua integrità morale ed etica consapevole della prepotente doppiezza che suggella ogni animo umano: insieme bene e male, virtù e vizio, eccellenza e mediocrità.
È  in lui  il dono della pittura che lo domina e  ne guida il suo sentire e il suo comunicare. Esso scavalca tradizioni, sentimenti, mina i rapporti comunitari,  i legami famigliari, conduce all’isolamento cui costringe, spesso, un’affermata individualità.  A niente valgono  le raccomandazioni :”Molte persone quando sono giovani sentono di possedere un grande dono. Ma non sempre ci si abbandona a un dono. Una vita la si dedica a ciò che è prezioso per se stessi ma anche per la propria gente”.
Tutta la comunità assiste alla crescita di Asher contribuendo anche  a mantenere intatta almeno l’integrità religiosa così sentita dai Chassidim Ladover, accettando  quindi l’apertura verso il mondo della rappresentazione figurativa, aprendosi alla possibilità di aver generato un ebreo osservante e artista. Quando però il sentire artistico porterà al limite il codice iconico e simbolico e con esso il  suo doloroso messaggio,   la frattura sarà inevitabile.  Potenti  tutti i personaggi , eccezionale la loro carica umana a partire dal trittico  di famiglia : un padre, una madre, il loro unico figlio, loro e della comunità tutta. Funzionali , misteriose e formative il Rebbe e il pittore  anziano. Immancabile la contestualizzazione storico- politica e con essa l’impegno culturale e sociale, imperdibili i riferimenti al mondo dell’arte e della cultura in generale.
Il romanzo è corposo, tenero e pungente al tempo stesso, doloroso, intimo e prezioso come  sa esserlo un rapporto di parentela, ma soprattutto è prezioso perché aprendo il mondo chiuso degli ebrei ortodossi di Brooklyn , facendoci familiarizzare con il loro universo permette di superare le barriere culturali per ribadire l’universalità del sentire umano.  È inoltre un’interessante e presumo autobiografica riflessione sulla tensione creativa,  sull’essere artista, sul rapporto realtà e rappresentazione, sulla funzione dell’arte, sul rapporto, infine,  tra l’artista e le sue opere.

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