mercoledì 15 giugno 2016

La perfezione della seconda curva, di massimolegnani

La perfezione della seconda curva
di massimolegnani



Aria e ora perfette. Immaginati a metà mattina in un maggio d'Austria, un’aria trasparente che non vedi nemmeno in controluce ma senti mulinare nei polmoni ogni respiro, e un’ora che ti aspetta lì, al punto esatto, precisa come un appuntamento che non avevi dato.
Dai boschi di Seefeld a scendere fin al fondovalle, laggiù sull’Inn, il percorso è un serpente nero che si aggomitola e si snoda in un invito senza mela e senza inganno. La bicicletta da grandi viaggi, un mastodonte carico di ogni necessità, è meno agile di un TIR, dipende solo da te sentirti senza peso, un’oca prima che sia piumino, quando ancora sa essere leggera all’aria e muove la mole in un lieve, poderoso, volo. E allora ondeggi per le curve, le pennelli, ne prendi ritmo e slancio, come una musica dove una nota s’aggancia alla precedente e fa da traino a quella che verrà. E non a caso in testa hai Mozart che ti accompagna e guida.
È un piacere ancora bambino rotolare a valle come una biglia nel circuito sulla spiaggia, è un godere adulto accarezzare le curve e scendere lungo i fianchi stretti della valle come le dita attente sulla pelle di una donna. Non sei solo, i tuoi amici hanno la tua stessa faccia e anch'essi piedi fermi sui pedali, che c’è l’intesa di non usare il motore delle gambe, siamo barche affidate al vento, siamo le vele si gonfiano, siamo i marinai che le governano.
Con loro scivoli veloce sull’asfalto, che ti sembra neve, poi acqua, aria, in un accavallarsi di sensazioni esatte e brevi. E mentre gusti il tuo piccolo mondo e il modo, Fabio e Mauri ti scorrono in avanti sfruttando meglio la pendenza come un vento con cui tendere le vele. Inesorabili li vedi allontanarsi, senti la risata che rimbomba nella valle, sembra una battaglia persa. Eppure sei tranquillo perché oggi ti senti la perfezione addosso e sai che occorre solo aspettare il momento e il luogo giusti, che tu sei pronto.
E quando la discesa si fa più ripida ti chini sul manubrio, la faccia a prendere gli schizzi dalla ruota, il cuore a dare la cadenza dell’inseguimento. Recuperi terreno tagliando le curve come fette di coraggio e dimenticando i freni, ma loro sono ancora distanti. Riesci a lanciare un’occhiata in basso e vedi il punto dove attaccherai, quella curva verso destra che gira con un gomito irregolare, prima ampio, invitante, poi più stretto, insidioso e che termina in contropendenza come un trampolino a volare sulla valle. Devi essere alle loro spalle prima di quella curva, il resto lo farà la perfezione. Molleggiandoti con i piedi sui pedali rendi più fluida la discesa e con piccoli spostamenti del bacino trasformi le curve in un lungo rettilineo, che è facile da dire, ma basterebbe un movimento troppo brusco perché la bici imbizzarrisca.
Ormai sei a pochi metri dalle loro schiene, Fabio si è voltato, non puoi più contare sulla sorpresa. Trenta metri alla curva, hai pochi istanti per studiare traiettoria e strategia. L’istinto sarebbe di ritardare la frenata e affiancare gli altri all’imboccatura, ma poi arriveresti rallentato all’uscita mentre è importante essere veloci in quel punto per superare di slancio la breve salita. Allora decidi di anticipare i tempi, ti alzi, freni fino a trovare la velocità giusta da mantenere per tutta la curva. I tuoi compagni sembrano di nuovo sfuggirti in avanti. Ma tu ora lasci correre le ruote, ti pieghi e disegni la traiettoria curvilinea come avessi il compasso, il peso delle sacche ti aiuta a mantenere l’aderenza a terra. Ora sei più veloce di Fabio, vedi lo spazio stretto tra lui e la corda della curva, il minimo errore e volereste di sotto entrambi dove tuona il torrente, ma tu t’infili di precisione, diventi ineluttabile come un destino mentre gli sfili lentamente accanto attento che la ruota davanti ti ubbidisca al millimetro. Tra poco la curva chiude restringendo il raggio e invertendo la pendenza, non frenare, tranquillo, è tutto calcolato, l’insaccata da ammortizzare di gomiti e ginocchia e la forza centrifuga da contenere, la forza che di forza ti proietterà verso l’esterno dove un muretto di pietre argina  il poggio a prato. Per un istante ti ricordi della curva dei garages mezzo secolo prima, quando cercando la perfezione di bambino trovasti il muro di cemento a spegnere coscienza e speranza di esattezza. Ma oggi è diverso, oggi ogni gesto è giusto, pennelli la curva come una carezza calda al culo di una donna, le dita a sfioro che non calcano e non tremano. Così non contrasti la tangente con i freni, lasci scivolare la bici verso l’esterno come fosse un’altra resa al muro, la lasci correre fino sull’erba del bordo in un difficile equilibrio ma la riprendi con un guizzo all’ultimo e di magia trasformi in slancio il pericolo scampato poggiando la ruota proprio lì, alla base del muretto che ti faccia da rimbalzo. Mauro lo superi d’inerzia sul dosso come una boccia che rotola puntuale fino al pallino.
È fatta e già finita, che la gloria è un breve istante. Ma per costruire una memoria futura ti volti a rivedere la perfezione tua che precisa l’avevi in mente ed esatta l’hai disegnata sull’asfalto.
E intanto in testa Mozart col clarinetto s’inventa un tango prima che sia il suo tempo.


Nessun commento:

Posta un commento