martedì 14 novembre 2017

Lendinara, l’Atene del Polesine, di Renzo Montagnoli




Lendinara, l’Atene del Polesine
di Renzo Montagnoli




Il Polesine è una zona che corrisponde all’incirca alla provincia di Rovigo, racchiusa fra due grandi corsi d’acqua, il Po e l’Adige. Benché presenti note caratteristiche di interesse, soprattutto per quanto concerne le architetture di non suoi pochi centri, è scarsamente conosciuto, nel senso che non attira la moltitudine di turisti che invece affluiscono nella confinante provincia di Ferrara. Quali siano i motivi di questo suo quasi isolamento non sono del tutto noti, ma certo il fatto d’essere considerato una terra paludosa, soggetta più di altre alle alluvioni del Po, contribuisce non poco a renderlo poco appetibile, anche se le bonifiche che sono state fatte hanno risanato gran parte del territorio, in cui ancora esiste il flagello delle zanzare, anche se, a differenza di un passato non molto lontano, la malaria appare definitivamente debellata. Eppure, come ho dianzi scritto, motivi per una visita non mancano, perché ci sono dei paesi che hanno un loro riflesso culturale per nulla disprezzabile e uno di questi è Lendinara.
Distante 16 chilometri dal capoluogo di provincia Rovigo conta all’incirca 12.000 abitanti ed è divisa in due dal fiume Adigetto. Fin dal XVIII secolo gode dell’appellativo di Atene del Polesine per i tesori artistici che la caratterizzano. Ed è di questi che conviene parlare, tralasciando volutamente le attività produttive che, se pur di non rilevanti dimensioni, sono tuttavia presenti.
Sull’ampia e bella piazza centrale, dove svetta una colonna con in cima il Leone di San Marco (questo un tempo era territorio della Serenissima) si affacciano il Palazzo Comunale, eretto dagli Estensi nel XIV secolo e ora sede del Municipio (all’interno è possibile ammirare nella sala canoziana una grata monacale lignea a intaglio e traforo, risalente al 1447, e realizzata in stile gotico dai famosi fratelli lendinaresi Lorenzo e Cristoforo Canozi) e la Torre dell’orologio, un tempo uno degli ingressi del borgo, successivamente trasformata in torre campanaria e dotata di orologio solo nel XVII secolo. 




Peraltro Lendinara è ricca di testimonianze architettoniche come il Palazzo Pretorio, uno dei più antichi del polesine, il bel palazzo Ca’ Dolfin – Marchiori, eretto nel XVI secolo su progetto di Vincenzo Scamozzi, allievo del Palladio, i palazzi Malmignati-Boldrin (prima metà del XVI secolo), Cattaneo (pure XVI secolo), Malmignati (sorge sulla riva destra dell’Adigetto e risale al XVIII secolo), Perolari-Malmignati (si affaccia anch’esso sulla riva destra dell’Adigetto ed è stato edificato nel XVI secolo), il Teatro Ballarin, eretto nel XV secolo dagli Estensi con lo scopo di farne un magazzino di granaglie, trasformato in teatro solo nel XIX secolo.


Queste sono le architetture civili di maggior risalto, ma non mancano quelle religiose e fra queste mi corre l’obbligo di dire due parole sul Santuario della Beata Vergine del Pilastrello, santuario mariano che fu edificato nel 1576 a seguito di numerosi eventi miracolosi avvenuti negli anni precedenti del secolo stesso, legati all’acqua di una fonte con grandi poteri taumaturgici e che poi venne anche deviata all’interno della chiesa, dove si trovano numerosi affreschi e tele e fra queste un pregiato lavoro di Jacopo e Domenico Robusti, rispettivamente padre e figlio, di cui il più noto è il primo, senz’altro più conosciuto con l’appellativo di Tintoretto.


Il duomo di Lendinara è la Chiesa di Santa Sofia, costruita nel lontano 1070, ma successivamente ampliata più volte; a fianco si erge la torre campanaria, realizzata fra il 1797 e il 1857, che, con i suoi 92,5 metri è una delle più alte d’Italia.


Pregevole è poi la Chiesa di Santa Maria e Sant’Anna, edificata nel 1433 e che all’interno presenta un’interessante tela di Andrea Vicentino.


Esistono poi altri edifici religiosi, a mio avviso, validi, ma di minor interesse e sui quali pertanto non mi soffermo.


C’è poi qualche cosa che non è esattamente identificabile, ma che è frutto di un insieme di opere d’arte, di natura (l’Adigetto ha un suo particolare carisma), di gente, di negozi, di ciottolati, che fanno respirare un’aria d’altri tempi, quella magica atmosfera che si incontra in tanti borghi italiani e che è la chiave del loro successo. Sì, credo proprio che l’appellativo di Atene del Polesine sia meritato e che quindi una visita sia raccomandata. Io ci sono stato alcune volte, in occasione della premiazione di un concorso letterario, ideato e ben organizzato da Gloria Venturini, L’arcobaleno della vita, diventato ormai un classico, con la partecipazione di poeti e narratori non solo italiani.
Come arrivare a questa piccola, ma splendida realtà?
Se si usa l’automobile ci sono la Superstrada Transpolesana, una strada regionale e l’autostrada A13 (BO-PD), con uscita a Rovigo.; con il treno c’è la linea Verona – Rovigo, con fermata alla Stazione di Lendinara.
Per il dormire e il mangiare, per maggior completezza e brevità, rimando a questo link del comune di Lendinara:






1 commento:

  1. Una cittadina di 12.OOO abitanti ma veramente bella, con diverse e pregevoli opere. Non l'ho mai visitata, ma credo che meriti davvero.
    Grazie, Renzo, sempre belle proposte.
    Piera

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